Ho smesso di leggere i romanzi di mio padre da adolescente, dopo Le Confessionnal (1965) il cui protagonista è un ragazzo appassionato dai mitologia greca, con l’apparecchio ai denti, e il viso pie-
no di brufoli. In breve, mi somigliava moltissimo.
Non era assolutamente né un romanzo autobiografico né un romanzo a chiave, la storia non aveva alcun legame con la nostra famiglia, ma mi era insopportabile ritrovare questi dettagli, per quanto poco importanti ma fin troppo familiari, esposti così a tutti nei romanzi di mio padre.
Ci fu quindi una lunga pausa. Poi intorno ai quarant’anni, mi sono imbattuto in una copia di La Neige était sale sul mio tavolino. Fu una vera rivelazione.
Alla fine del romanzo, il signor Holst, la figura paterna segretamente ammirata da Frank, il protagonista, dice con voce rassicurante: “Il mestiere di uomo è difficile”. Questa frase, che libera Frank dalla sua ribellione e gli permette di accettare sia la morte che una brevissima redenzione, l’avevo sentita centinaia di volte da bambino. E questo dettaglio familiare, che mi avrebbe riempito d’orrore vent’anni prima, mi ha fatto capire che le mie radici non erano solamente familiari, ma profondamente radicate in un’opera che, per di più, era di mio padre.
Da quel momento, per me leggere i suoi romanzi significa proseguire le conversazioni che avevamo durante le lunghe passeggiate quotidiane nella campagna vodese. E se è stato grazie ad un padre sempre disponibile e comprensivo, ma anche estremamente esigente, che sono cresciuto durante l’infanzia e l’adolescenza, è stato grazie al romanziere che ho potuto continuare a farlo,
perché nei suoi romanzi ritrovo oggi le risposte alle domande che allora non ho potuto, o saputo, porgli.
Diventato amministratore della sua opera, ho fin da subito desiderato allestire una mostra in Italia, paese che per lui era quasi una seconda patria, con i lettori più sensibili e di gran lunga più numerosi.
È stato Roberto Calasso, il suo geniale editore italiano di cui onorò la memoria, a mettermi in contatto nel 2015, attraverso Matteo Codignola, con la Cineteca di Bologna. Abbiamo lavorato assieme a lungo per trovare il modo di mettere in mostra la vita e l’eredità letteraria di mio padre che si ostinava a definirsi, oltre a padre di fa- miglia, soltanto come romanziere, e mai come scrittore o letterato.
Questa mostra è un viaggio dall’Ottocento ad oggi, un omaggio non solo ad un uomo e alla sua opera,
ma anche alla letteratura, alla scrittura, al cinema e all’editoria.
Se Maigret era di una calma rassicurante, Simenon, al contrario, era sempre in perpetuo movimento, sia
fisicamente che interiormente, manifestazione del suo ostinato rifiuto nei confronti di qualsiasi gabbia: sociale, creativa, relazionale, ideologica, religiosa, politica o ancora, più prosaicamente, geografica. In breve, aveva un bisogno ossessivo di imporre la propria libertà.
Questa mostra, con una superficie di circa 1.300 metri, i quasi duemila
pezzi, tra foto, documenti, video e oggetti, molti inediti, è quindi un naturale invito a seguire otto viaggi, otto tappe essenziali della graduale costruzione di un’identità personale e letteraria unica.
Nei primi tre viaggi, che costituiscono la prima parte della mostra, Da Sim a Simenon: un uomo in movimento, lo seguiamo nella sua formazione, nella ricerca di una po- etica, di uno stile, nell’affinamento di una scrittura che diviene sempre più personale, anche grazie alla capacità di assorbire, comprendere ed evocare la vita che lo circonda, le persona che incontra, i luoghi e gli eventi che attraversa.
Nei successivi cinque viaggi che costituiscono la seconda parte dell’esposizione, Aux éditions Simenon, un’opera in viaggio, non è più lui a viaggiare, ma la sua opera. Un viaggio che non sembra essere terminato, ma che prosegue, con nuove edizioni in tutto il mondo, nuovi film, nuovi progetti di
serie e forse non a caso il numero 8 è anche il simbolo dell’infinito.
Poco prima di aprire questa mostra, Roberto Colajanni, il successore di Calasso alla guida di Adelphi, ci ha fatto scoprire che il primo volume pubblicato dalla casa editrice milanese è uscito esattamente quarant’anni fa, nell’aprile 1985. Un caso o un ineluttabile allineamento dei pianeti che io
e Farinelli eravamo gli unici a non conoscere?
È stato un lungo viaggio per noi e per tanti, istituzioni e persone, che hanno contribuito a realizzarla, e che ringraziamo di cuore.