Leggiadro Barocco. L’attività giovanile di Giuseppe Marchesi detto il Sansone


A partire dal dipinto di soggetto storico Clemente VIII restituisce agli Anziani di Bologna le chiavi della città conservato nella raccolta permanente, le Collezioni Comunali d’Arte di Bologna dedicano la prima mostra monografica al pittore Giuseppe Marchesi (Bologna, 1699-1771), per riscoprire una figura artistica significativa che operò sul versante classicista della scuola bolognese del Settecento.

Promossa da Musei Civici d’Arte Antica | Settore Musei Civici Bologna e curata da Antonella Mampieri e Angelo Mazza, la mostra dossier si intitola Leggiadro Barocco. L’attività giovanile di Giuseppe Marchesi detto il Sansone e sarà aperta al pubblico fino al 2 settembre 2023,
Nella cosmopolita Bologna del Settecento, la scena artistica si presentava quanto mai vivace. Tra i pittori più fecondi si distinse Giuseppe Marchesi, di temperamento irrequieto e di corporatura imponente, alla quale dovette il soprannome di Sansone. Allievo di artisti di spicco della generazione precedente, come Aureliano Milani e Marcantonio Franceschini, Marchesi continuò a dipingere nel solco della tradizione pittorica locale che trova nei Carracci e nei loro allievi – soprattutto Guido Reni, Francesco Albani e Domenico Zampieri detto il Domenichino – il modello imprescindibile; un orientamento stilistico sostenuto e promosso anche dalla principale istituzione artistica presente in città, l’Accademia Clementina, alla quale Marchesi appartenne ricoprendo svariati incarichi, didattici e di direzione, fino alla nomina a Principe nel 1752.  La successiva evoluzione artistica lo portò al progressivo abbandono di un’arcadica classicità a favore di una componente quasi manieristica, prossima per intensità alla maniera di Francesco Monti e Vittorio Maria Bigari.

La capacità di fondere colori caldi e forti muscolature, derivati dalla lezione dei Carracci, con la grazia del disegno, tipica della pittura del Franceschini, resero il Sansone un pittore alla moda, aggiornato sulle tendenze post-barocche che in Francia e Austria già andavano per la maggiore, apprezzato dal pubblico e dai colleghi, apprezzato dal pubblico e dai colleghi. Petit maître prolifico e garbato, la sua vivace vena narrativa diede esiti di estrema piacevolezza soprattutto negli anni giovanili, circoscrivibili tra il terzo e il quarto decennio del secolo. Culmine di questa fase è la decorazione ad affresco della volta e dell’abside della chiesa di Santa Maria di Galliera, a Bologna, sua prima vera grande commissione pubblica (1732–1744), che lo consacrerà come pittore di composizioni sacre e profane in patria, in altre regioni italiane e in diversi paesi europei (Inghilterra e Olanda).

La mostra allestita nella Sala Urbana delle Collezioni Comunali d’Arte si incentra sul periodo iniziale della sua vicenda, elegante ed aggraziato. Attorno a due freschi idilli pendant inediti in collezione privata, Mosé e le figlie di Jethro e Salomone incensa gli idoli, il cui successo è dimostrato dalla presenza di copie presso il Museo Diocesano di Imola, vengono riuniti altri esempi di pittura da “stanza” di tema sacro e profano, che documentano al meglio lo stile giovanile dell’artista nei primi venti anni di attività.Tra questi, le Quattro Stagioni provenienti dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna e l’Ebbrezza di Noè, oggi in collezione privata. Completano l’esposizione un ritratto in miniatura con Testa di giovane donna, conservato presso il Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini, e due vivaci disegni, il Ratto delle Sabine e il Ratto di Elena dalle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, progetti preparatori per un grande dipinto da realizzare nella sala d’onore della casa poi appartenuta ai mercanti Buratti, promotori delle arti e di vari artisti bolognesi. Solo il secondo, datato 1725, venne realizzato dal pittore e apre la sua carriera documentata.

La figura di Giuseppe Marchesi fu dimenticata in seguito ai cambiamenti della storia del gusto che condannarono il Settecento come secolo superficiale e vuoto di contenuti. Solo a partire dagli anni settanta del secolo scorso lo storico dell’arte Renato Roli ne ha ricostruito brillantemente il catalogo.
La mostra allestita alle Collezioni Comunali d’Arte intende proporre una lettura rinnovata di questo protagonista del ‘barocchetto’ bolognese, consentendo di formulare nuove ipotesi sull’ordinamento cronologico della sua produzione di esordio.

L’esposizione è accompagnata da una omonima pubblicazione (SAGEP, Genova) a cura di Antonella Mampieri e Angelo Mazza, con la collaborazione di Silvia Battistini, che contiene la prefazione di Massimo Medica, un testo di Mirko Bonora e saggi di Antonella Mampieri e Angelo Mazza.