Burrini, Crespi, Creti, Gandolfi. Il Settecento bolognese nelle collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna

Dopo il successo della mostra che ha ripercorso il glorioso Seicento della storia della pittura bolognese, attraverso i dipinti delle collezioni della Fondazione, apre il 25 settembre a Casa Saraceni la mostra dedicata ai protagonisti del Settecento bolognese

Apre al pubblico il 25 settembre la mostra Burrini, Crespi, Creti, Gandolfi. Il Settecento bolognese nelle collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, a cura di Angelo Mazza, compiendo idealmente il progetto espositivo avviato lo scorso anno a Casa Saraceni, sede della Fondazione Carisbo (via Farini, 15), che ha visto protagoniste le opere di Reni, Guercino, Cantarini, Pasinelli e di altri pittori di prima grandezza nel glorioso Seicento bolognese.

Nella rassegna selettiva delle opere del Settecento bolognese delle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione, l’avvio solenne è dato da cinque tele di Giovanni Antonio Burrini, pittore irregolare e antiaccademico: il grande dipinto con Il conte Fabio Albergati ritratto dal pittore di corte mentre rende omaggio a Filippo II re di Spagna e i quattro grandi ritratti ovali con personaggi illustri legati alla storia degli Albergati; opere descritte negli inventari della famiglia senatoria bolognese.

Ribadiscono il richiamo alla tradizione, invece, l’Amoroso incontro di Rinaldo e Armida di Giovan Gioseffo dal Sole, raffinato allievo di Lorenzo Pasinelli, che propone nelle due figure tassesche ideali di bellezza aristocratica, e la grazia barocchetta di Giuseppe Marchesi detto il Sansone, allievo di Aureliano Milani e poi di Marcantonio Franceschini, autore di un dipinto d’altare destinato a un oratorio privato.

Protagonista della scena artistica a Bologna nella prima metà del Settecento è però Donato Creti, enfant prodige, che all’età di circa sedici-diciassette anni consegna un sensitivo Autoritratto al conte Alessandro Fava suo protettore e, alcuni anni dopo, stremato da angosce e crisi depressive, colloca nella chiesa di San Gregorio dei Mendicanti il suo primo dipinto esposto in pubblico, purtroppo andato perduto, di cui le collezioni della Fondazione conservano il sofferto modello preparatorio popolato di figure trasparenti e immateriali, quasi fantasmi. Dimostrano l’ineccepibile tenuta formale del suo stile adamantino la nitida visione e l’affilato disegno delle piccole figure di un suo capolavoro della piena maturità: la grande Tomba allegorica di Lord Torrington, eseguita attorno al 1730 insieme a Nunzio Ferrajoli, autore del paesaggio, e a Carlo Besoli cui spettano le prospettive architettoniche, che faceva parte di una serie di tele destinate all’Inghilterra e commissionate da un impresario teatrale irlandese di stanza a Venezia.

Giuseppe Maria Crespi, suo antagonista, è rappresentato da una convulsa scena di battaglia tra cavalieri, in cui a fatica si scorge il tema, tratto dalla Gerusalemme liberata, di Tancredi che salva Clorinda dal fendente di un cavaliere di Goffredo.
Si aggiungono un elegante Ritratto di gentildonna dal collo di pelliccia, firmato dal figlio Luigi Crespi e datato 1737, e un dipinto di un dotato allievo, Antonio Gionima, con Cristo che cade sotto la croce, una delle sette tele con i dolori della Vergine che un tempo, a partire del 1719, venivano portate annualmente come stendardi nella processione organizzata dai padri della chiesa di Santa Maria dei Servi. Conclude la tradizione crespiana la Ragazza che accorda il liuto di Antonio Beccadelli, acquisto recentissimo della Fondazione sul mercato d’arte di Vienna.

Ressero le sorti della pittura a Bologna nella seconda metà del secolo i fratelli Ubaldo e Gaetano Gandolfi. Il primo, scomparso nel 1781, è qui degnamente illustrato dalla tavola ricca di colore con Sant’Agostino, reso con luce palpitante, e dall’Apparizione dell’arcangelo Michele a San Francesco di Paola, modelletto della pala ora nella Pinacoteca Nazionale di Bologna eseguita alla fine degli anni Settanta, una delle ultime opere. Quanto a Gaetano Gandolfi merita ricordare le emozionanti tele con un Mendicante e una Vecchia con la corona del rosario; e infine la Morte di Socrate del 1782, commissionata da Filippo Trenta, uomo di legge, letterato e collezionista, in cui lo stile si rinnova, anche per la fortuna neoclassica del soggetto, e apre verso il nuovo secolo.

 

Informazioni sulla mostra

Burrini, Crespi, Creti, Gandolfi.

Il Settecento bolognese nelle collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna  

a cura di Angelo Mazza

Sede
Casa Saraceni
via Farini, 15 – Bologna

Periodo di apertura
Da venerdì 25 settembre 2020 a domenica 10 gennaio 2021

Orari di apertura
martedì-venerdì ore 15-18
sabato, domenica ore 10-18
lunedì chiuso

Ingresso libero

Aperture straordinarie
4 ottobre ore 10-18
1 novembre ore 10-18

8, 24, 25, 26, 31 dicembre 2020 ore 10-18

1 e 6 gennaio 2021 ore 10-18

Nuove modalità di visita a seguito delle misure di prevenzione e contenimento del virus Covid-19

  • L’ingresso alla mostra è contingentato e sarà consentito a un massimo di 12 visitatori ogni 20 minuti
  • È obbligatorio indossare la mascherina per tutti i visitatori dai 6 anni in su
  • È necessario mantenere sempre la distanza interpersonale di almeno 1 metro ed evitare assembramenti
  • Si raccomanda di igienizzare le mani con l’apposito gel disinfettante

 

www.fondazionecarisbo.it
www.facebook.com/FondazioneCarisbo