ONO arte è lieta di presentare la mostra “Chernobyl: l’ombra lunga. Fotografie di Gerd Ludwig”.
Gerd Ludwig nasce a Alsfeld in Germania nel 1947. Dopo aver studiato con il maestro della fotografia tedesca Otto Steinert inizia la sua collaborazione professionalmente con i più importanti magazine tedeschi e americani come Time, Life, Stern e Spiegel. Nel 1990 firma un contratto con il National Geographic per un progetto che riguarda i cambiamenti sociali e i problemi ambientali dell’Ex Unione Sovietica. Per 10 anni fotografa e testimonia la dissoluzione dell’URSS. Tra i vari siti visitati nel 1993 si reca a Chernobyl, luogo diventato simbolo della fine del Comunismo Sovietico, la cui catastrofe viene considerata pietra miliare del fotogiornalismo di fine millennio. Nel 2005, durante il suo secondo viaggio, sarà il primo fotografo occidentale a scendere nei meandri della centrale fino anche al reattore 4 ancora contaminato.
Il disastro di Chernobyl avvenne infatti il 26 aprile 1986 all’una e ventitre del mattino, presso la centrale nucleare denominata V.I. Lenin. Si tratta del peggior disastro nucleare della storia, disastro che ebbe ripercussioni non solo in Unione Sovietica ma anche in Europa Occidentale. Le radiazioni, grazie ai venti favorevoli, raggiunsero Scandinavia e gran parte degli stati europei gettando nel panico la popolazione. Le cause del disastro sono da attribuire alla cattiva progettazione della centrale e all’errore umano. Durante un test di sicurezza, infatti, il personale della centrale commise numerosi errori che portarono ad un aumento della potenza con conseguente esplosione e incendio del reattore numero 4.
Dopo la prima visita, Gerd Ludwig si è recato a Chernobyl anche nel 2011 e 2014 per completare il suo lavoro e testimoniare, con la sua macchina fotografica, non solo lo stato della centrale, ma anche la vita della gente, l’ambiente circostante nonché l’attrazione esercitata da Chernobyl sui cosiddetti Disaster Tourists, ovvero i turisti attratti dai luoghi dei disastri. Quello di Gerd Ludwig è un occhio quasi poetico che ci permette di cogliere, spesso in un’unica immagine, diversi elementi: la fragilità della vita umana (le ripercussioni del disastro sono evidenti sui corpi anche dei bambini nati oggi), dell’ambiente in cui viviamo e allo stesso tempo la necessità dell’approvvigionamento energetico sempre più impellente nel mondo nel quale viviamo. Tutto questo mentre la natura attorno alla centrale si sta ripopolando di animali di ogni specie i quali, grazie all’assenza dell’uomo, hanno trovato un habitat se non ideale quantomeno idoneo alla loro esistenza.
La mostra (23 gennaio – 15 febbraio) si compone di 14 fotografie scattate all’interno e all’esterno della centrale di Chernobyl. Si tratta della presentazione di un progetto di più ampio respiro sulla fragilità del mondo in cui viviamo e sullo sfruttamento delle risorse energetiche che sfocerà in una ampia mostra personale di Gerd Ludwig che si terrà nel 2020 in una importante sede museale italiana