When the Rain Stops Falling all’Arena del Sole

Sta piovendo. Gabriel York aspetta l’arrivo del figlio ormai adulto, che non vede da quando questo aveva sette anni: “So cosa vuole. Vuole quello che tutti i giovani uomini vogliono dai loro padri. Vuole sapere chi è. Da dove viene. Dove sia il suo posto. E per quanto ci provi non so cosa dirgli.” È questo l’inizio apparente, o forse l’epilogo, di una saga familiare che ci porta, vertiginosamente – dal 2039 al 1959, slittando nel e con il tempo – alle soglie di un diluvio torrenziale che ha il sapore eccentrico e favoloso della pioggia di rane in Magnolia di Paul Thomas Anderson.

When the Rain Stops Falling è il nuovo spettacolo di Lisa Ferlazzo Natoli, prodotto da Emilia Romagna Teatro Fondazione, in collaborazione con Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Fondazione Teatro Due di Parma e con il sostegno dell’Ambasciata d’Australia e della compagnia aerea Qantas, che debutta dal 6 al 10 febbraio in prima assoluta al Teatro Arena del Sole di Bologna.

Storia delle famiglie Law e York: quattro generazioni di padri e figli, delle loro madri e mogli, il testo epico di Andrew Bovell, tradotto da Margherita Mauro, è un racconto intimo e distopico che Bovell disegna con un’affascinante struttura drammaturgica, dove i diversi fili narrativi, il graduale sovrapporsi delle temporalità e l’incrocio dei destini delle quattro generazioni, raccontano una corrispondenza così profonda tra le esperienze di ognuno da suggerire che negli alberi genealogici non vi siano ‘scritti’ solo i nomi dei protagonisti, ma anche i comportamenti, le inclinazioni, i desideri e gli errori.

When the Rain Stops Falling fa del viaggio nel tempo una vera e propria forma stilistica, senza usare l’espediente del flashback, ma piuttosto grazie a un’architettura narrativa nitida e complessa che si muove nello spazio e nel tempo della storia stessa. I personaggi da vecchi e da giovani entrano ed escono da un quadro all’altro, da un paesaggio all’altro, con un ritmo incalzante che l’autore introduce fin dalle prime pagine. È sul tempo stesso che ci si interroga, ‘piegandolo’ in avanti, per lasciare entrare il futuro e i suoi fantasmi; o, con improvvise ‘interferenze’, aprire il presente a squarci di passato.

Note di regia di Lisa Ferlazzo Natoli e lacasadargilla

La drammaturgia ha qualcosa della scrittura classica, proprio perché gioca con codici diversi e diverse fonti, come se fosse emersa da un singolare archivio della memoria. Che ripensa la tragedia greca e i suoi miti, la forma racconto, certe figure e modi del romanzo moderno, alcuni topoi della Bibbia, fino a sfiorare la sceneggiatura. E proprio in questa stratificazione di omaggi, rimandi e affezioni, trattiene con sapienza l’agilità tutta contemporanea del teatro post-drammatico e del linguaggio cinematografico con cui i protagonisti entrano nelle vite altrui e nella propria come in un singolare sogno a occhi aperti.

E così, mentre una scena succede all’altra con l’immediatezza del montaggio parallelo e i dettagli della storia si ripetono solo apparentemente sempre uguali, a poco a poco – per stratificazione, variazione e accumulo – si svela, come in un thriller, una fabula oscura in cui i figli pagano per le colpe dei padri e le madri lasciano andare i figli perché hanno “così tanto da dire” da non avere “nemmeno il coraggio di cominciare”.

Matrimoni spezzati e morti accidentali. Verità taciute o sottintese. L’eco spietato delle scelte.

When the Rain Stops Falling è un grande viaggio genealogico sul linguaggio come lascito e sulla conoscenza, sull’abbandono e sul ‘lasciare andare’ di cui Bovell gestisce i diversi piani narrativi e le sequenze temporali anche grazie a motivi ricorrenti – pattern riconoscibili e incantevoli: la pioggia incessante, un cappello perduto che passa di mano in mano, la zuppa di pesce, il passato che si materializza in forma di valigia, una vestaglia rossa, un pesce che cade dal cielo.

Grazie alla sua formidabile architettura drammaturgica When the Rain Stops Falling investiga la mortalità e la famiglia, la memoria e le eredità che riceviamo, mostrando come i segreti, le verità taciute, le omissioni, non cancellano ciò di cui non si parla, che invece resta e resiste come un lascito tramandato di generazione in generazione, una forma di segreta e inevitabile predestinazione, un ‘guasto’ di famiglia o un ‘dono’ inaspettato. Come il cielo australe e il rosso fuoco del deserto. E racconta, magicamente, che il tempo inteso come meteorologia influenza le nostre vite e di fatto cambia la Storia, e suggerisce come la Storia stia già cambiando il presente con un’ombra lunga sull’avvenire. Per spingere lo sguardo fino a un futuro vicino, alla vigilia di una piccola apocalisse, di cui la pioggia perpetua è la prima conseguenza. Un’apocalisse climatica e quindi storica – vero e proprio tema sotterraneo del racconto: piove nelle stanze e nei parchi, nelle parole stesse dei personaggi, nevica in anni senza estate, quasi a ricordarci che “il tempo andrà avanti senza di noi e sarà come se non fossimo mai esistiti”.

E non sono affatto casuali le ‘splendide’ annate che Bovell sceglie per incastrare il proprio racconto nella Storia, punteggiandole con indizi e notazioni solo apparentemente fatte en passant. 1959/1969 – 1988 – 2013 – 2039: dal ‘boom’ degli anni ’50, oltre il sessantotto, i carrarmati su Praga e lo sbarco sulla Luna, fino al cuore dell’Inghilterra thatcheriana. In un oggi appena passato e sull’orlo di un futuro prossimo e pure anteriore – in cui i libri già raccontano del “Il declino e la caduta dell’impero americano 1975 – 2015”.

Ricordandoci che, fuori campo, la Storia agisce, opera, ci chiama e risuona nello spazio privato delle nostre vite.

Disegnato con il meccanismo quasi perfetto di un bomba a orologeria, When the Rain Stops Falling ha una natura ibrida, stratificata e mobile, che passa da falsi duetti a monologhi che rivelano la propria natura di un dialogo serrato con il passato, fino a sfiorare l’analisi transazionale e, sempre come una pre-cognizione, un movimento di natura tellurica nell’agire dei personaggi. Alla regia e agli interpreti, chiede immediatamente di farsi fuori, o meglio lasciarsi ‘fare’ dalle scene, dalla partitura, dalla curva delle relazioni e dalle singole parole. Assecondarle e averne millimetrica cura. E grazie a questo lasciar emergere incidenti, associazioni e distrazioni; quelle che potremmo chiamare ‘interferenze’: echi di frasi già dette da chi ci ha preceduto, la presenza del proprio passato o del futuro mentre stiamo letteralmente vivendo.

Tutto sembra accadere in uno stesso ambiente, l’interno di un appartamento, il lungo tavolo da pranzo, dove si raccolgono e si ritrovano le generazioni e gli stessi personaggi in momenti diversi della loro vita, letteralmente uno accanto all’altro durante un pasto silenzioso che ha qualcosa di biblico. Un tavolo lungo e cavo, vuoto al centro, come se si fosse eroso nel corso degli anni e tutte le eredità taciute fossero lì in quello squarcio fra le estremità delle vite dei personaggi.

Un tavolo-mondo e nove sedie, una cucina economica, pochi oggetti, piatti, qualche ombrello, una valigia, e il grande pesce caduto dal cielo. E dietro, la superficie d’intonaco della parete, un intonaco antico ma ancora fresco, come se l’ultima mano fosse stata stesa da poco. Come se gli slittamenti temporali si fossero letteralmente trasferiti alle pareti stesse. Superficie compatta o traslucida a seconda dell’illuminazione, capace di dissolversi in una materia liquida e trasparente che sembra essersi impregnata della pioggia incessante che scandisce lo spettacolo. E su questo fondale-muro, che chiude la scena e la getta in avanti come in una visione ravvicinata, la proiezione dell’albero genealogico che – come uno scheletro luminescente – ci ricorda che il punto centrale del discorso non è tanto scoprire la ‘vera storia’ di una famiglia, ma è la famiglia stessa. E in questa compressione, all’orlo del proscenio, gli altri luoghi del testo – un parco, un cimitero, una spiaggia dal manto stellato, il Coorong, regione “stretta tra terra e mare” –, luoghi disegnati quasi solamente dai toni caldi e freddi delle luci e dai paesaggi sonori, elementi che allargano la visione, aprendo lo spazio all’irruzione di quel fuori campo che il cinema ha saputo così sapientemente portare in scena. Una partitura complessa, sonora e visiva, che accompagna i personaggi – e lo spettatore – dentro e fuori dal tempo, all’interno di ogni sua piega.

Andrew Bovell nasce a Perth in Australia nel 1962. Si laurea in lettere all’University of Western Australia e poi si diploma in Dramatic Arts al Victorian College of the Arts. È autore di numerosi testi teatrali, tra i quali Distant Lights from Dark Places (1994), Scenes from a Separation (1995), Who’s Afraid of the Working Class (1998), Confidentially Yours (1998) e Fever (2002).

Bovell alterna con successo l’attività di sceneggiatore cinematografico a quella di drammaturgo: dalla sua commedia Speaking in Tongues è stato tratto nel 2001 il film Lantana, diretto da Ray Lawrence e sceneggiato da Bovell stesso, da Who’s Afraid of the Working Class è stato tratto il film Blessed (2009), Bovell è inoltre co-autore della sceneggiatura del film Striclty Ballroom (1992) diretto da Baz Luhrmann e di Head On (1998). Ha curato l’adattamento del romanzo A Most Wanted Man di John Le Carré per il film diretto da Anton Corbijn con Philip Seymour Hoffman, Robin Wright, Rachel McAdams, Willem Dafoe, Daniel Brühl (2014).

Le sue opere per il teatro sono state premiate più volte con il prestigioso Awgie Award. Rappresentate sui palcoscenici di tutti i paesi di lingua inglese, le sue opere teatrali si stanno affermando anche nel resto del mondo. When the Rain Stops Falling, uscito nel 2008, vince il Queensland Premier’s Literary Award e il Victorian Premier’s Literary Award e, nel 2009, il Victorian Green Room Award per Who’s Afraid of the Working Class vince lo Stage Award, e l’Awgie Awards per The Secret River come Best New Australian Work. When the Rain Stops Falling ha debuttato al Lincoln Center Theatre di New York nel 2010.

lacasadargilla è formata da Lisa Ferlazzo Natoli – autrice e regista –, Alice Palazzi – attrice e coordinatrice di progetti –, Maddalena Parise – ideatrice di progetti e artista visiva. Collabora stabilmente con lacasadargilla Alessandro Ferroni, disegnatore del suono e documentarista.

lacasadargilla realizza spettacoli, istallazioni, radiodrammi, progetti speciali, attività di formazione. Dal 2009 porta avanti il progetto giovani Granai. È prodotta da istituzioni nazionali e internazionali.

Fra le scritture originali: La casa d’argilla (2006-08); Il Libro delle Domande (2007); Foto di gruppo in un interno (2009); fra i lavori da testi teatrali e romanzi: Jakob von Gunten (2011-12); Katzelmacher (2009) Lear di Edward Bond (2015-17); fra i progetti speciali: Ascesa e rovina della città di Mahagonny (2008-09); Art you lost? 1000 persone per un’opera d’arte (2012-14); Linee di Confine (2015-17); IF /Invasioni (dal) Futuro (Estate Romana 2014-16; 2017-19).

Il progetto teatrale-multimediale Les Adieux! Parole salvate dalle fiamme (Romaeuropa Festival 2017) e nel giugno 2018 Game di Brad Birch (Harold Pinter Price) ha debuttato in prima mondiale presso il Ta’ Qali Stadium di Malta (produzione Teatru Malta-Unifaun Theatre).

Tournée

dal 13 al 17 febbraio 2019, Teatro Storchi – Modena

dal 21 al 23 febbraio 2019, Teatro Due – Parma

dal 26 febbraio al 3 marzo 2019, Teatro Argentina – Roma

Oltre lo spettacolo #Direzione Australia

Modena, giovedì 7 febbraio ore 15.30

Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali

Largo S. Eufemia, 19

In occasione del debutto italiano Andrew Bovell, terrà una lectio magistralis su scrittura e drammaturgia oggi “Transforming ideas into drama the task of the playwright.”

Iniziativa a cura di Emilia Romagna Teatro Fondazione, Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali – Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento Lingue, Letterature e Culture Moderne – Alma Mater Studiorum Università di Bologna.

Conversando di teatro. Incontro con la compagnia

Bologna, Foyer Arena del Sole, sabato 9 febbraio ore 16. Conduce Marzio Badalì

Modena, Ridotto del Teatro Storchi, sabato 16 febbraio ore 17. Conduce Enrico Bollini

Andrew Bovell, sarà presente a entrambi gli incontri.

Il testo di When the Rain Stops Falling di Andrew Bovell è pubblicato nella collana LINEA di ERT Fondazione e Luca Sossella Editore.

Modena, Ridotto del Teatro Storchi, giovedì 14 febbraio ore 18
Sarà presentata l’antologia Teatro.Australia curata da Margherita Mauro e Maddalena Parise, che raccoglie i testi di Tom Holloway, Suzie Miller e Nakkiah Lui, primo volume della nuova collana LINEA Extra di ERT Fondazione e Luca Sossella Editore.

In questa occasione la compagnia di When the Rain Stops Falling leggerà il testo E mai più ci separeremo di Tom Holloway

Andrew Bovell sarà inoltre docente, dall’11 al 15 febbraio, del corso Dramaturg internazionale della Scuola di Teatro Iolanda Gazzerro di ERT Fondazione.

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Informazioni:

Teatro Arena del Sole, via Indipendenza 44 – Bologna

Prezzi dei biglietti Sala Leo de Berardinis: da €10 € a € 25 più prevendita
biglietteria tel. 051 2910910 biglietteria@arenadelsole.it
bologna.emiliaromagnateatro.com