Al Teatro EuropAuditorium lunedì 16 maggio in scena un altro grande evento di danza internazionale che vedrà l’étoile dell’Opéra de Paris Eleonora Abbagnato nei panni di Carmen.
Un incrocio di fascino, anzi di fascinazioni. Il fascino del racconto di Prosper Mérimée, Carmen, pubblicato nel 1845. Il fascino dell’opera di Georges Bizet andata in scena nel 1875; tre mesi dopo, il grande compositore moriva a trentasette anni. Il fascino di un successo che crebbe dopo la scomparsa; il compositore si sfilò dalla vita come un’ombra. Il fascino, lungo, protratto nel tempo, giunto fino a noi, di femme Carmen e di una tragedia che coniuga l’amore alla passione e alla morte, fluida e torbida come un torrente inquieto, come una misteriosa danza cantata. Il fascino della danza cantata, solubile allo sguardo, quasi magnetica, attraverso le immagini del cinema, quelle più vicine a noi.
Questa Carmen viene da una consolidata esperienza. Amedeo Amodio ha percorso i suoi e i nostri anni con coerenza, cambiando di continuo, con sottigliezza, misura ed eleganza, amando la sua arte, inseguendola nei cambiamenti, con uno scopo preciso ed evidente. L’obiettivo affiora decisamente in questo suo lavoro, ripreso, aggiornato, fresco, rispetto ad una prima proposta del 1995, al Teatro Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia per l’Aterballetto di cui Amodio è stato fondatore e direttore. Erano anni in cui la danza stava assumendo un’importanza vitale, trovando una nuova qualità in una ricerca contrapposta alla comunicazione allargata e artificiale, volta a conquistare il generico “pubblico del mondo”. Un processo ancora in corso. Una ricerca intrecciata tra la musica, le arti visive e le immagini mute (fotografia, teatro d’avanguardia).
Non è un caso che Amodio in questa Carmen abbia cercato un’altra strada nelle ombre, in un bel gioco di luci e di prospettive, gli alter ego dei “suoi” (di Amodio) personaggi avuti in prestito da Mérimée e Bizet. Ombre che possono fuggire, abbandonare i loro “fittizi” proprietari e scegliere un’indipendenza senza padroni né confini. Ombre e ricatti. Per aiutarci a capire che non siamo mai soli. Amodio è stato costantemente attivo in questa ricerca, fin da giovanissimo. Fin da quando veniva coinvolto alla Scala in Anna Bolena di Gaetano Donizetti, regista Luchino Visconti. Era il 1957, gli occhi sgranati di Amedeo, tutti per la danza, scoprivano l’energia e il rigore di un regista già famoso e di una Callas ancora giovane – aveva trentaquattro anni – pronta al successo, leggera come non era mai stata prima (aveva perso venti chili per La traviata con la regia sempre di Visconti). Lezioni di rigore, attenzione, che il futuro coreografo ricorderà, un patrimonio di ricordi di quel che accadeva sulla scena e dietro la scena, un mondo più piccolo e vero, ordinario e ripetitivo. La scena vuota, gli attori e tutti gli altri sono andati via. Bisogna rassettare, riporre gli oggetti, tornare all’ordine com’era prima dell’alzarsi del sipario. Da questi ricordi parte la proposta registica della Carmen al Teatro Massimo di Palermo, la cui protagonista è la celebre Eleonora Abbagnato, palermitana, étoile dell’Opéra de Paris.
Dunque, tutto accade quando lo spettacolo è finito, il palcoscenico sarà sgombrato e la recita cambierà. Ruoli, azione e copione non sono più gli stessi. La danza dello spettacolo di Amodio corre veloce all’ultima parte, Quarto Atto, dell’opera. I personaggi sono gli addetti allo sgombro, al trasporto delle scene. Volti e corpi fuori dalla magia della recita ormai dismessa, sostituita da qualcosa d’involontario, suggerito dalla casualità. Ed ecco che un camionista raccoglie da qualche parte una giacca da riporre, la indossa, e subito diventa Don José, un uomo innamorato disperatamente, deluso e violento. La danza è del tutto diversa, le musiche sono di Bizet (adattate, con gli interventi originali di Giuseppe Calì); ci sono Carmen, Don José, Escamillo, Micaela… ma ogni momento, ogni passaggio, risulta un “doppio” rispetto sia ai personaggi che alle situazioni. Il doppio costituito da ombre che appaiono sulle pareti e si allungano come elastici, angeli custodi infidi, provvisori che, all’improvviso, scattano via, dileguandosi. L’idea del “doppio” – la giacca trovata, le ombre elastiche – è di una grande suggestione. L’atmosfera è astratta, rimanda alla morte/Don José che uccide Carmen con il suo bacio, Carmen vestita di bianco come fosse avvolta da un sudario). Il gioco delle parti s’identifica con una soluzione pirandelliana che trasmette l’angoscia e il senso della fine, possibile e ignorata; la fine nascosta e imminente, in agguato nei tanti destini coinvolti nei duelli dell’amore-passione.
Amedeo Amodio, con la sua Carmen suadente, incalzante, colma di pudore, svela i “doppi” che noi tutti siamo tra realtà e ombre che ci abbandonano; e suggerisce il ritmo delle sensazioni audaci: temere l’amore se porta alla morte. Direbbe Maria Callas lucida, severa, divertita, con i versi dell’Habanera di Bizet : “Bada a te!”.
Prezzi (comprensivi di prevendita): I Platea 74,50 € – II Platea 69,00 € – I Balconata 51,00 € – II Balconata 40,00 €
Prevendite biglietti presso la biglietteria del Teatro EuropAuditorium in Piazza Costituzione n°4 a Bologna (dal lunedì al sabato, dalle ore 15.00 alle ore 19.00), presso la biglietteria del Teatro Il Celebrazioni in Via Saragozza n°234 a Bologna (dal lunedì al sabato, dalle ore 15.00 alle ore 19.00), presso il Circuito VIVATICKET-CHARTA, i punti d’ascolto delle IperCoop e il Circuito TICKETONE, oltre alle prevendite abituali di Bologna e con carta di credito su www.teatroeuropa.it.
Per informazioni: 051.372540 – 051.6375199 info@teatroeuropa.it