Dal 4 al 15 settembre arriva in città Danza Urbana con Visione periferica.
Ecco cosa significa
“Vogliamo guardare Bologna da una visione periferica e laterale, ma non per questo sfocata. Tutto ciò che a nostro avviso si colloca in una zona così detta periferica gode di maggiore libertà: minori costrizioni, sguardi più morbidi, minor giudizio.
Cerchiamo, se possibile, di risvegliare una “percezione attiva” nei cittadini/spettatori, una visione reale della città, non retorica o solamente contemplativa. Studiamo come insediare la danza tra le pieghe degli edifici, come renderla “paesaggio”. Per farlo abbiamo coinvolto per questa diciannovesima edizione otto quartieri e messo in campo tre progetti speciali grazie al sostegno e alla collaborazione dello staff di bè bolognaestate2015 il cartellone di iniziative estive promosse coordinate dal Comune di Bologna, all’interno delle quali siamo inseriti.”
Con Visione Periferica, dopo Arcipelaghi e Geografie immateriali, Danza Urbana nonostante i suoi quasi 4 lustri alle spalle, ha voluto investire nel pensiero per ripartire da alcune domande oggi nodali: centro e periferia sono ancora oggi in contrapposizione? Esistono modelli positivi di città policentrica e come possiamo valorizzarli attraverso l’arte coreutica? Quale impulso reale la danza urbana può dare alla ricerca dello spettacolo dal vivo e in che modo?
Il Festival nel tempo è riuscito a porsi come elemento attivo nel rapporto tra la città e i suoi cittadini, contribuendo a far crescere la cultura della fruizione dei luoghi grazie alla chiave della cultura e non accontentandosi semplicemente delle loro funzioni prescrittive e normative ma cercando di valorizzarne la dimensione legata alla socialità.
Il Festival inaugura (4 settembre), come di consueto, con un momento di riflessione teorica che, attraverso la formulazione di alcune domande, esplora il “concetto” di periferia inteso come laboratorio permanente, frontiera mobile, paesaggio in continua evoluzione. Un architetto (Massimiliano Casavecchia), un sociologo (Stefano Laffi) e due artisti (Leonardo Delogu e Nejla Yaktin), coordinati dal critico Andrea Nanni ragioneranno insieme su come uscire dalla contrapposizione centro/periferia, cercando di disarcionare la distinzione “geometrica” che riconosce in un luogo il suo centro, distinguendolo dal margine.
Sono capaci di declinare questi interrogativi i tre progetti speciali su cui il Festival ha investito molto. La Veronal, compagnia che dalla Spagna parte per girare il mondo, ha trovato nel Festival un interlocutore capace di realizzare un importante progetto biennale dedicato alla città di Bologna. Bologna: La trilogia della vita, ispirandosi al ciclo filmico di Pier Paolo Pasolini si innesta naturalmente nel progetto speciale Più moderno di ogni moderno. Pasolini a Bologna promosso da Comune di Bologna e Fondazione Cineteca dedicato all’opera e alla figura intellettuale di Pier Paolo Pasolini. Nelle sue differenti tappe, il progetto si apre al pubblico per dare modo di osservare i processi creativi e le varie fasi di lavoro. Al contempo offre l’occasione di incontro tra gli artisti di La Veronal e quelli locali, con laboratori e momenti di lavoro comune. Il progetto si articola in più appuntamenti: una residenza artistica (della durata di quindici giorni) presso il Teatro Consorziale di Budrio, l’apertura al pubblico di una prova alle Torri dell’Acqua (13 settembre), la presentazione di un primo studio nella chiesa di San Mattia a Bologna (15 settembre) e un incontro degli artisti con il pubblico. Moto Celeste è un laboratorio itinerante, un “campo esperienziale” condotto dal giovane performer Leonardo Delogu. Il laboratorio, gratuito, è aperto a tutti coloro vogliano riflettere sul paesaggio urbano, le periferie, il significato di vivere una città, oggi. Delogu affronta, insieme al gruppo, un viaggio a piedi nella periferia di Bologna, disegnando un ideale anello intorno alla città, attraversandone e collegandone le zone più marginali e periferiche, per immergersi nel paesaggio urbano, per coglierne le caratteristiche e la vita. Il progetto è pensato come un workshop nomade di quattro giorni e quattro notti che il 7 settembre (ore 20) si apre al pubblico presso l’Eremo di Ronzano per un momento conclusivo di restituzione dell’esperienza.
Dancing around the world, è l’articolato progetto della coreografa statunitense Nejla Yatkin e del videomaker Enki, che ha coinvolto 25 città del mondo e che ora chiama a raccolta Bologna e i suoi cittadini per osservare, attraverso il lavoro sul corpo, l’identità profonda della città e il legame tra i cittadini e il territorio (laboratori dal 3 all’11 settembre sia in sala che per le strade della città, performance itinerante sabato 12 settembre).
Per entrare nel vivo del calendario:
Collettivo Cinetico proporrà una versione site specific dell’ormai glorioso alla Chiesa di San Mattia (venerdì 4 settembre ore 21:30), sabato 5 il Cortile di Palazzo d’Accursio ospiterà Dei crinali riflessione danzata dal trio al maschile capitanato da Manfredi Perego, sul concetto di verticalità. Domenica 6 settembre il Centro Sociale Pilastro ospita Sarai il commovente duo tra la coreografa Francesca Penzo (Fattoria Vittadini) e suo padre sulla percezione dello scorrere del tempo. Una presenza importante, che conferma la vocazione internazionale del Festival, è quella della Compagnie Greffe della coreografa svizzera Cindy Van Acker, una tra le figure più interessanti in ambito coreutico internazionale. Al Festival porta Helder (mercoledì 9) che prosegue idealmente la sua radicale ricerca coreografica sul movimento e sul corpo. Dal 9 al 12 sarà anche visibile presso la Sala conferenze del MAMbo il ciclo filmico, firmato da Orsola Valenti, che presenta e intesse sei assoli della Van Acker creati per la scena. Giovedì 10 è la volta di Masdanza Plattform: Francesca Foscarini, i catalani di La Veronal e l’israeliano Gil Kerer sono i protagonisti di questa edizione come sempre dedicata alla circuitazione di artisti internazionali.
Anne Teresa De Keersmaeker, Wim Vandekeybus e Akram Khan sono state solo alcuni dei coreografi con cui si è formata e ha lavorato la spagnola Lali Ayguadé (in scena venerdì 11 settembre nel Cortile del Museo Civico Medievale) che si muove agilmente tanto nel territorio del virtuosismo quanto dell’astrazione. Spagnoli anche quelli di Physical Momentum Project che a seguire, sempre l’11 settembre, nell’omonimo Parco, presentano Postskriptum, progetto dedicato al tema dell’addio. Sabato 12 e domenica 13 settembre continua per il terzo anno la collaborazione con Running up that hill progetto curato da Fabrizio Favale e Angelica Zanardi di Fienile Fluò che vede coinvolte le giovane coreografe Alice Bariselli, Caterina Basso e Gil Kerer.
Il festival è sostenuto dal Comune di Bologna tramite convenzione con l’Area Cultura e Rapporti con l’Università.