Enter the Ghost – Exit the Ghost

Ondak1In mostra al Museo Civico Archeologico Il Piedistallo vuoto, per rendere omaggio a artisti dell’Est Europa e dell’ex URSS. Un racconto di presenze impercettibili e il sottile confine tra presenza e assenza. Marco Scotini, curatore della mostra e del Focus Paesi dell’Est Europa fa due chiacchiere con noi.

Un occhio all’Est Europa e all’ex URSS. Cosa ci racconta il Piedistallo Vuoto?

Da una mostra che propone gli artisti dell’est Europa e dell’ex URSS ci potremmo aspettare le rovine di un passato prossimo ma così non è. Il Piedistallo Vuoto è in realtà una promessa, un desiderio, più che un racconto sul passato; una promessa per il futuro, che io definisco fantasma, da cui il sottotitolo della mostra “Fantasmi dell’Est Europa”.
E’ dal 2000 che lavoro sull’arte della scena emergente di questi paesi e guardando anche gli artisti degli anni ’70, il cui lavoro si integra perfettamente con quello degli emergenti, ho scoperto che quello che non c’era prima non c’è neanche ora, e quello che si cercava prima prende i suoi contorni solo nella promessa del futuro.
Ha tutto a che fare con la visibilità e invisibilità che è propria di un piedistallo vuoto.

Perché il Piedistallo è vuoto?
Il lavoro si fonda su tre ipotesi:
la prima che sul piedistallo ci fosse una statua che poi è caduta a terra (per esempio Lenin…);
la seconda è pensare che il piedistallo sia in aspettativa di qualcosa che deve esserci messo
sopra;
la terza (che è l’ipotesi della nostra mostra) è che il piedistallo sia, così com’è, VUOTO e come tale rimanga, pieno di una sostanza fantasmagorica in cui il nuovo può apparire e scomparire. Non a caso all’ingresso della mostra c’è una grande lampada sospesa che rimanda la scritta
Enter the Ghost Exit the Ghost …che non è altro che il dubbio di Amleto sulla presenza/ assenza dello spirito.

Qual’è la potenzialità del Piedistallo Vuoto?
Potenzialità è una parola che mi piace molto, si contrappone ad attualità, ovvero il momento che usiamo e consumiamo.
La potenzialità è ciò che deve farsi attuale, il carico di energia che attende di incanalarsi. E’ un’idea predominante negli artisti emergenti ma anche in quelli degli anni ’70, un’aspirazione che continua ad esserci. E allora le performance, come le opere, diventano impercettibili, impalpabili al punto che a volte sfuggono alla vista normale
Una delle prime opere che vedrete alla mostra è la sedia del custode. In effetti quando entrate ad una mostra il custode lo vedete ma non lo vedete.
La mostra si snoda poi in due parti: un percorso ad immagini, il teatro degli atti e una parte legata all’archeologia delle cose che ha più a che fare con la sfera urbana.

Perché la location del Museo Civico Archeologico?
Unire il classico al contemporaneo ha sempre il suo fascino. E perché li è pieno di piedistalli…

24 gennaio – 16 marzo 2014
Museo Civico Archeologico, Via dell’Archiginnasio 2

Immagine: Roman Ondak. Silence Please, 2004. Installazione, dimensioni variabili. Collezione Enea Righi, Bologna.

Intervista raccolta da Giovanna Fiorentini