MERCATO DI MEZZO Profumo/odore di Cose Buone Giovanni Tamburini, Tamburini – Antica Salsamenteria Bolognese
Su Bologna da Vivere di questa settimana trovate la SMELL MAP di BOLOGNA e tante interviste su percorsi olfattivi nella nostra città.
C’è un odore del passato o del presente che ti rimanda a un luogo Bologna, a una memoria, a un’emozione legata alla città? Il passato di Bologna è pieno di odori, buoni e cattivi, dalle punte forti, ma dove ci si andava, sempre e comunque, a ficcare il naso. Il presente è pieno di cattivi odori. Nella civiltà odierna il senso dell’olfatto si è attenuato, quasi anestetizzato, complice non solo l’inquinamento ma anche la tendenza di eliminare e coprire i cattivi odori con deodoranti o aromi. Ho dei ricordi incredibili di Bologna quando, verso le 11 e mezza, 11 e 45, passando per via Fondazza, da via Mirasole, si sentiva il profumo della cipolla, quella buona, non quella da convento che si usa oggi per mascherare il gusto di certe preparazioni; quando le massaie preparavano il ragù, le lasagne per il pranzo del marito che, se poteva, tornava a casa a mangiare con i piedi sotto il tavolo,magari da Casalecchio in bicicletta. La vita era più pesante allora ma da un certo punto di vista più sana. Certo, i cattivi odori non mancavano, erano una cosa terribile. Abitavo in strada Maggiore e, da casa mia fino alle 2 torri, dalle buffe delle cantine venivano su degli odori insopportabili, da via Caldarese, da Via Guido Reni, un odore misto di stracci e aceto fermentato…una roba immonda. Ho fatto anche in tempo – anche se il tempo passa in fretta – a vedere le birocce con cavalli che portavano la ghiaia per costruire le case. E mi ricordo quella volta che ero con la mamma davanti a Palazzo della Mercanzia quando un cavallo si fermò in mezzo alla strada, bloccando lo scarso traffico di allora, a fare i suoi bisogni, ecologici ma puzzolenti e una signora uscì da una porticina con la paletta a raccoglierli. Allora pensai che fosse un gesto molto civile ma invece mia mamma mi disse che lo sterco veniva messo a seccare in terrazza e poi usato nella stufa di inverno…non si buttava via niente. Non parliamo poi di quando passava il ruscarolo, emanava un olezzo di cefali delle valli perché allora si cucinava spesso il cefalo bollito e il cavolfiore. Indimenticabile l’odore dei forni, dei dolci dei krapfen che venivano su dalla cantine, in barba alla 626, una roba da estasi. Ora faccio fatica a usare il naso e penso che sia un fenomeno comune. Sembra quasi che il cervello ci preservi dal disastro invitandoci a non utilizzare l’olfatto. Il cervello elimina il superfluo, non vuole prestare attenzione all’odore dei deodoranti pensati per coprire o eliminare gli odori cattivi che talvolta peggiorano la situazione o agli aromi che omologano il sapore dei cibi. Oggi c’è anche un forte attacco al gusto tant’è che i bambini non sono abituati a sentire sapori forti. Io stesso sono vittima di questa situazione anche se il nostro senso dell’olfatto è sempre pronto a mettersi in moto velocemente per cogliere buoni effluvi. E il mercato di mezzo che odore ha e qual è l’odore dominate della storica Gastronomia Tamburini o del salume che più ha preservato il profumo di una volta? Oggi gli odori del mercato sono più miti, un tempo da via Pescherie Vecchie non si poteva proprio passare. L’igiene e la sicurezza dei prodotti è maggiore anche se più uniforme. Non si sentono più aromi forti ma si sente odore di buono passando per il mercato di mezzo o entrando in gastronomia, odore di salumi e formaggi stagionati bene, di torte ben cotte. Certo non è l’odore più acre ma sempre piacevole e integro della drogheria di campagna, ma pur sempre buono. L’odore del pane, dei pomodori, della mortadella si sentono ancora. Poco quello della frutta che viene tenuta tanto dei frigoriferi. Una volta si sentiva bene l’odore delle fragole od elle pesche fresche. Tra i salumi quello che, a mio avviso, ha preservato di più l’integrità del profumo e del prodotto è la mortadella, anche se, paradossalmente, sarebbe il salume che si presta di più alle modificazioni. Ma, grazie, al lavoro e all’impegno di 3 grandi case nostrane L’ALCISA, la FELSINEA e la TARQUINI, che sono state rigidissime nel preservare gli aromi originari composti di poche spezie che creano un buon amalgama, e nella scelta delle carni, la mortadella di Bologna ha ancora oggi preservato un profumo fresco, quello ella tradizione, che non solo ci identifica ma che invita all’assaggio.