Intervista al prof. Giorgio Sangiorgi autore del libro Il Fuoco Segreto degli Alchimisti
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1.Professore che cos è il Fuoco degli alchimisti ?
Il fuoco alchemico non è un fuoco comune, come quello alimentato dal carbone, bensì un fuoco metafisico: il principio purificatore e trasformativo della natura, la cui energia varia secondo il succedersi delle stagioni, delle fasi lunari, del giorno e della notte. Nelle lavorazioni alchemiche che riguardano la trasformazione interiore si distinguono e si alimentano varie tipologie di fuoco, di grado sempre più elevato: il fuoco che si manifesta come calore vitale o sessuale, il fuoco che si manifesta come luce dell’intelligenza intuitiva e dell’immaginazione, il fuoco che è spinta generatrice e creativa in natura, infine il fuoco più elevato, che è principio spirituale di natura eterna e universale. Con questo stesso fuoco, utilizzato su piani diversi, maschio e femmina creano la vita, l’artista crea la propria opera d’arte e l’alchimista realizza la pietra filosofale.
2.L’alchimia è una via di conoscenza molto antica: in cosa risiede la sua attualità? Come la si può percorrere ai nostri giorni?
L’opera alchemica in passato era spesso una ricerca all’interno della materia, una manipolazione della sua struttura fisica, per separarne le parti sottili e fluide da quelle spesse e grossolane. Purificando e riunendo più volte questi componenti separati, si potenzia della materia l’essenza che rigenera e nel contempo si neutralizza la maggior parte delle scorie, che invece corrompono e prima o poi rendono inerte ogni struttura vivente.
Oggigiorno l’opera alchemica è soprattutto una ricerca all’interno dell’uomo, una raffinazione della sua struttura eterogenea, troppo appesantita dalla sfera materiale, per trovare nella parte più interna ed autentica una risposta ai quesiti che tutti i ricercatori del passato hanno affrontato: chi sono io veramente? Cosa si cela dietro la maschera della personalità identificata ad ruolo biografico, professionale, familiare? Quali sono le energie che fanno funzionare dati organi e la cui carenza li fanno ammalare? Cosa rimane dell’uomo dopo la morte, ammesso che rimanga qualcosa?
Il concetto base dell’alchimia è che un corretto procedimento di lavorazione esteriore, ad esempio la distillazione di una pianta, si riflette simpaticamente all’interno dell’operatore e ne accelera un analogo processo di raffinazione interna. Ma il concetto è valido anche in senso inverso e il perfezionamento interiore influenza simpaticamente la sublimazione di ciò che è materiale. A tal scopo, oggigiorno, è impensabile proporre l’antica lavorazione metallurgica con forni e crogioli. E’ preferibile dedicarsi ad attività pratiche più semplici e meno costose: attività artigianali, artistiche, sportive, marziali, perfino culinarie o di giardinaggio.
3. L’alchimia in Italia e a Bologna quando e come si sono sviluppate?
L’alchimia è stata ed è una ricerca spirituale, coadiuvata dalla conoscenza dei processi meno visibili che guidano la natura e l’esistenza dell’uomo, derivata dalle più antiche tradizioni dell’umanità. Difatti è stata elaborata in forma scritta già tra il II e il I secolo A C, in quell’area mediterranea il cui centro culturale era la città di Alessandria di Egitto e poi attraverso la traduzione di testi arabi in latino si è affermata in Europa a partire dal XII secolo.
Questi testi rivoluzionano la cultura accademica dominante, di tipo scolastico e aristotelico, tanto che per almeno tre secoli l’alchimia è discussa e approfondita in ambienti universitari, primo fra tutti la facoltà di medicina e astrologia di Bologna.
L’importanza a livello europeo dell’Alma Mater Studiorum attira a Bologna molti ricercatori e docenti universitari, che praticano o si interessano di alchimia. Tra i primi noti si possono menzionare l’astrologo Michele Scoto, Costantino Pisano, autore di un testo a carattere alchemico enciclopedico, e l’astrologo e studioso di magia naturale Cecco D’Ascoli, che a partire dal 1324 insegna per alcuni anni astrologia nella facoltà di medicina.
L’università diviene ben presto un centro importante per la diffusione dell’alchimia sperimentale. Nella seconda metà del Trecento il medico Taddeo Alderotti, dalla sua cattedra, insegna come produrre alcali, sali, acidi, oli essenziali, descritti dagli alchimisti arabi. Nel suo trattato Consilia si descrive il procedimento di distillazione per ottenere l’acqua ardente, il distillato di vino, considerata la quintessenza terapeutica del regno vegetale, e all’università di Bologna per la prima volta si parla di un serpentino per la condensazione dei vapori.
Nei secoli successivi hanno stretti rapporti con l’università personaggi celebri, che s’interessano di alchimia: nel Quattrocento il filosofo Pico della Mirandola, noto per le sue tesi che vogliono conciliare il cristianesimo con la cabala, l’ermetismo e la magia naturale; nel Cinquecento l’astronomo danese Tycho Brahe, famoso per le sue osservazioni molto precise sulle posizioni dei pianeti e delle stelle; poi l’esponente più famoso dell’alchimia spagirica, il medico svizzero Paracelso.
A Bologna Paracelso insegna medicina e influisce molto sugli studi di altri docenti: Ulisse Aldrovandi, che sviluppa l’erboristeria e crea il primo orto botanico in Europa per le piante rare, situato in un cortile del Palazzo Comunale, ora sede della ex Sala Borsa; l’astrologo e matematico Gerolamo Cardano, inventore del giunto cardanico, che regge la cattedra di medicina dal 1562 al 1570.
Infine molti simboli ermetici e alchemici sono visibili nei monumenti più importanti della città: nel complesso delle sette chiese di S. Stefano, nelle dodici porte della cinta muraria, nella basilica di S. Francesco, nella fontana del Nettuno. Come si può notare, alcuni di questi monumenti sono collegati ai sette pianeti classici e ai dodici segni zodiacali, punti di riferimento costanti nell’opera alchemica.
A Bologna, da circa dieci anni, opera l’associazione culturale il Convivio, che ha lo scopo di divulgare con conferenze e seminari il pensiero e la pratica dell’alchimia.
4.Qual è lo scopo dell’alchimia interiore?
L’opera alchemica è una sperimentazione dei processi creativi della natura, per lo più poco visibili, attraverso i quali si cerca di trasformare la vita, nel modo di essere e di fare, in una vera e propria opera d’arte. Opera d’arte è ciò che esprime in una forma innovativa e coinvolgente valori e significati eterni.
Lo scopo dell’alchimia interiore o mentale è spostare l’IO dagli strati superficiali e inconsistenti della personalità a quelli interni, permanenti e significativi. Ciò determina un rovesciamento dell’attenzione e della percezione, nell’uomo ordinario rivolte alla mutevole ed illusoria realtà esterna. La nuova attenzione rivolta all’interno, per cogliervi le prime manifestazioni dello spirito, trasforma una consapevolezza instabile, passiva, frammentata, in uno stato di coscienza unitario, intuitivo, concentrato, attivo. La nuova percezione, in sintonia con i movimenti dell’anima, favorisce l’espansione naturale del sentimento, con il raggiungimento di uno stato di creatività e di amore intenso, non dipendente da motivazioni di ordine egoistico.
Questo nuovo stato fa acquisire, prima o poi, in tutti gli operatori capacità particolari, dovute ad una maggiore concentrazione delle onde cerebrali e quindi all’estensione della mente oltre il cervello. Ciò può cominciare in vari modi: attraverso saltuari presagi, premonizioni, visioni, sogni lucidi, brevi fenomeni di chiaroveggenza o telepatia, fino ad arrivare ad un pensiero e una immaginazione capaci di trasformare la realtà materiale e le stesse persone.
Tuttavia lo scopo ultimo dell’alchimia si caratterizza in una attività creativa in senso trascendente: la sopravvivenza, dopo la morte, di un patrimonio mentale superiore, non legato al IO anagrafico, che muore con la morte del corpo fisico e passionale.