Un presidio permanente, nato in modo spontaneo, che ha preso spunto dal vento di rivoluzione partito un anno fa dal Nord Africa e arrivato, recentemente e non senza scompigli, anche in Spagna. Se il proposito di questi ragazzi sia mosso o meno da senso di emulazione ancora non ci è dato di saperlo. Quel che è certo è che fa un certo effetto vedere studenti, precari, artisti e intellettuali dibattere assieme per saziare la propria fame di confronto. La chiamano democrazia ma ha più il sapore della necessità dell’abbattimento delle barriere imposte dagli organi di comunicazione precostituiti. E’ come se si volesse in ogni modo rinunciare all’assorbimento passivo delle discussioni dei salotti buoni, considerate fucine di valori, positivi o negativi che siano, assai lontani e diversi da quelli che toccano la gente reale. E la gente reale da qualche settimana è tutta qui, in Piazza Maggiore. Non pochi i casi di ragazzi che, per dare un senso compiuto alla propria disobbedienza civile, decidono di passare la notte dormendo a ridosso delle mura della Sala Borsa. Certo, i numeri realizzati da questa protesta non sono ancora tali da rappresentare un valore notizia suscettibile anche solo di fare il solletico a quello che si sta verificando oltreconfine, e probabilmente la sua partecipazione è destinata a scemare e consumarsi in tempi assai stretti. Tuttavia resta la particolarità dell’esigenza manifestata dai coloro che vi hanno preso parte, il fatto – tutt’altro che secondario – che al suo interno non vi compaiano simboli politici di alcun genere e l’energia con cui questi ragazzi stanno cercando di far conoscere al mondo il proprio bisogno di democrazia.